lunedì 25 agosto 2008

Matematica: le ragioni degli insuccessi


Di fronte all'ennesima debacle della disciplina che mi onoro di insegnare (matematica) mi chiedo se sia ancora il caso di trovare giustificazione di questi risultati poco esaltanti solo ed esclusivamente nella scarsa preparazione o impegno degli studenti. Motivi esogeni: la cultura dominante è di chiara matrice crociana, la scienza viene confusa con la tecnica (come era solito fare “o’ filosofo”), l’uomo “tecnologico” con la macchina (in questo il geniale Turing ha dato involontariamente una mano…). Infatti l’appellativo più frequente per un bravo studente di discipline scientifiche è di essere “un cervellone” cioè un computer. Insomma, c’è sicuramente un sottofondo pregiudiziale ostile che rende ostica la disciplina della matematica.
Motivi endogeni: credo sia anche utile fare un po’ di sana autocritica. Se andiamo ad analizzare in fondo la questione, ci accorgiamo che lo spiritualismo crociano paradossalmente è prevalso anche sulle discipline scientifiche. O non mi è capitato di osservare atteggiamenti eccessivamente romantici da parte di colleghi che si soffermano su aspetti aneddotici, se non cabalistici, che di razionale hanno ben poco? Parliamoci chiaro: un conto è fare matematica un conto tramandarla. L’impressione personale, dettata da ventennali incontri e confronti, è che, talvolta, negli “arcani” matematici ci si sguazza quasi a considerarsi sacerdoti di un culto. Spiritualismo spinto quindi. Più risultati negativi si ottengono e più, sdegnati, ci si rifugia in un angolo. Prova ne è la scarsa propensione a confrontarsi con le altre materie o, in termini più spicci, a sporcarsi le mani. Si perpetua nell’insegnamento dell’ortodossia e non del metodo, come se i risultati più importanti fossero davvero stati ottenuti solo per pura deduzione. Si sottovalutano quei processi cognitivi, basati appunto su tentativi ed errori, che portano a formulare congetture e possibilmente a respingerle per accettarne di migliori. Succede che si viene valutati, con i risultati che conosciamo, solo sugli aspetti logico-formali. Se l’obiettivo è far prevalere l’ortodossia piuttosto che il metodo allora difficilmente ne usciremo fuori.
Tornando ai problemi legati alla matematica nella scuola, con enorme fatica si cerca di introdurre il “problem solving” nella didattica. Esistono diverse barriere mentali che impediscono a questo metodo di avere successo, una su tutte la formazione di base di gran parte di noi abituata a soluzioni deterministiche, note a priori. Facciamo un esempio: un insegnante di lettere un giorno decide di aprire una discussione su un problema sorto all’interno della classe. Lo può fare tranquillamente perché i suoi interlocutori sanno che non ha la soluzione in tasca. Diverso è il caso dell’insegnante di matematica a cui questo privilegio (cioè: di non possedere certezze) sembra non essere concesso. Non gli è permesso fare tentativi pena la perdita della sua autorevolezza. Per il pensiero superficiale altrui ma anche per forma mentis propria.
Per cercare di sanare il deficit da matematica, l’allora ministro Fioroni decise di intervenire introducendo dei corsi di aggiornamento. Io ne sto frequentando uno ma devo essere sincero, di aggiornamento ce n’è poco. Di interdisciplinarietà nemmeno l’ombra. Cambiano gli effetti speciali ma gratta gratta è la stessa matematica che viene insegnata da cento e passa anni. Quando si fanno i raffronti con gli altri paesi è da qui che dovremmo cominciare a discutere. Altrove gli insegnanti introducono gli allievi ai giochi di economia familiare, a gestire e decidere in situazioni di incertezza. Da noi questa è considerata matematica sporca. Continua a prevalere la purezza delle forme.
Lo slogan di qualche tempo fa “La matematica per il cittadino” era nobile solo nelle intenzioni. In pratica funzionava così, arrivava qualcuno che diceva: “Cittadini, madame et messier, oggi vi presento la matematica come non vi è mai stata presentata”. A differenza di prima cambiavano i toni: ma la sostanza rimaneva la stessa.
P.S.: quest’anno a scuola sperimenterò la mia personale idea della “matematica per il cittadino”.

domenica 3 agosto 2008

Ep -Aleatoria (1993)

Dello stesso periodo di Jinglebad è Aleatoria (ad onor del vero lo precede di qualche giorno). Senz’altro più accessibile, rimane comunque un lavoro “acido” in cui è preminente la ricerca di sonorità poco convenzionali, talvolta forse in maniera pretenziosa. Si alternano pezzi strumentali e pezzi cantati (in inglese) in un continuo alternato a dissolvenze che si risolvono in pause più o meno lunghe. Se non fosse per la qualità del suono, all’epoca ancora abbastanza grezza (avevo pur sempre un 4 piste!), bisogna riconoscere che questo lavoro risulta ricco di spunti e di materiale abbastanza eterogeneo. C’è musica sperimentale, pop, frammenti psichedelici , progressive, musica di piazza. Il titolo Aleatoria è un vero e proprio manifesto, preso a prestito dall’Eno pensiero; come a dire che il metodo per tentativi ed errori, patrimonio della ricerca sperimentale, non può rimanere fuori dal campo musicale ed artistico in generale, checchè ne dicano gli addetti ai lavori più all’ortodossia accademica. La copertina è, provocatoriamente, un’immagine prodotta per errore.

Canzoni scritte, arrangiate e prodotte da Ep:

1. Aleatoria I 1’03
2.
Unhortodossity I 1’58
3. Talk of the town 2’37
4. Aleatoria II 2’38
5. Sepulchre…and other 3’45
6. At morning light 4’54
7. Re-creation 0’51
8. Freedom 3’00
9. Unhortodossity II 1’18
10. Delirious 4’48
11. Two step ahead 1’14
12. Office automation 3’43
13. Booleanspace 4’01
14. The minstrel 4’17
15. Aleatoria 5’30

Tempo totale: 45'37

Ep: yamaha ds55, chitarra acustica ed elettrica, basso, Dr-550, voce.


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